Payback dispositivi medici: le Asl obbligano le aziende italiane a pagare le spese extra. Salva il tuo business e trasferisciti a Dubai!

Aprire società a Dubai

L’industria biomedica, un settore vitale che ha guadagnato un’enorme importanza nel periodo post-pandemico, è sotto minaccia imminente. Le Autorità Sanitarie Locali (ASL) in tutta Italia stanno avviando una richiesta finanziaria senza precedenti alle imprese che forniscono attrezzature mediche e dispositivi sanitari fondamentali per gli ospedali. Il totale di questa richiesta ammonta a addirittura a 2,2 miliardi di euro, riferiti a un eccesso di spesa per il periodo 2015-2018.

Il Sistema di Payback che mette in ginocchio le aziende italiane

Le richieste di pagamento, inviate nelle ultime settimane, includono spesso importi nell’ordine di decine di milioni, e prevedono un termine di pagamento di 30 giorni.

Questo sta provocando un’ondata di panico e preoccupazione tra le imprese del Bel Paese. Già circa 100 di queste aziende hanno intrapreso azioni legali per contestare la costituzionalità di questo meccanismo di payback, un sistema unicamente italiano.

Il payback si basa sul principio che se una regione spende più del previsto per l’acquisto di attrezzature mediche, rispetto a un tetto prefissato che non tiene conto delle esigenze reali, l’azienda fornitrice deve coprire la differenza.

Questa politica ha posto un pesante fardello sulle spalle delle aziende, che sono obbligate a coprire quasi la metà dei debiti delle regioni derivanti dagli acquisti sanitari.

Una vera follia tipicamente all’italiana.

Il Payback condanna le aziende italiane a chiudere

“Questo è un disastro che deve essere fermato immediatamente”, ha avvertito il Presidente di Confindustria Dispositivi Medici, Massimiliano Boggetti.

Lo stesso ha sottolineato l’assurdità della situazione, spiegando come molte aziende, in particolare le PMI, semplicemente non hanno le risorse finanziarie per coprire gli importi richiesti entro il termine stabilito.

Boggetti ha espresso il suo allarme per la mancanza di considerazione delle reali implicazioni economiche di questa politica.

A suo parere, il Payback sta letteralmente condannando molte aziende a chiudere.

Il Presidente Boggetti, infatti, ha rivelato che la lettera di richiesta delle Asl spiega che se le somme non vengono pagate, queste saranno detratte dai crediti esistenti. Questa pratica è applicata a tutte le aziende, dalle PMI italiane e straniere, alle aziende di distribuzione e alle grandi multinazionali.

Inoltre, Boggetti ha messo in evidenza le potenziali conseguenze disastrose non solo per le aziende, ma anche per la prestazione dei servizi sanitari. Se le aziende non saranno in grado di sostenere le spese richieste, potrebbero non essere in grado di garantire le forniture di prodotti essenziali, persino salvavita, agli ospedali.

Il sistema del Payback: un altro fallimento del governo italiano

Il calcolo degli importi richiesti si basa sul fatturato delle imprese del settore, non sul loro utile.

Tuttavia, queste imprese stanno già affrontando sfide economiche significative, tra cui l’aumento dei costi delle materie prime, l’aumento dei prezzi dell’energia e i capovolgimenti del mercato a causa degli effetti post-pandemici e del conflitto in Ucraina.

“Questa situazione è stata gestita con una leggerezza criminale”, sostiene Boggetti, il quale ritiene che sia inaccettabile che un governo, indipendentemente dal suo orientamento politico, non comprenda l’impatto di un tale meccanismo sulle aziende.

Egli esorta l’attuale esecutivo a intervenire immediatamente, sottolineando che questa è una vera emergenza, auspicando ad un aiuto concreto da parte del governo, che in passato ha solo peggiorato le cose.

Infatti, questa vera e propria condanna per le aziende deriva da una misura di emergenza dell’ex Governo Draghi, inclusa nel Decreto Legge aiuti bis, seguita da un decreto attuativo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 26 ottobre, e poi dalle lettere delle ASL di questi giorni, questa misura ha introdotto il meccanismo di payback – precedentemente previsto solo per i farmaci e oggetto di innumerevoli contenziosi – anche per i dispositivi medici.

La quota richiesta alle aziende fornitrici rappresenta il 40% dell’eccesso di spesa per il 2015, il 45% per il 2016, e il 50% per il 2017 e il 2018. Questo eccesso di spesa viene calcolato rispetto a un tetto del 4,4% dei fondi sanitari a disposizione delle Regioni.

Boggetti, inoltre, ha enfatizzato come sia sorprendente la rapidità con cui è stato deciso di attivare questo meccanismo, quando le Regioni sono così lente nel pagare le aziende. Sfortunatamente, questa operazione è solo un trucco per permettere alle Regioni di equilibrare i bilanci in grave difficoltà post-pandemica senza andare in default.

Il governo italiano condanna le aziende a chiudere: la soluzione è trasferire la propria attività a Dubai

Questa scandalosa situazione, che mette in croce le aziende tricolorate, mostra chiaramente non solo l’incapacità delle autorità preposte ad amministrare la cosa pubblica, ma anche come queste ultime facciano ricadere tutto sulle spalle degli imprenditori italiani, la cui unica “colpa” è di essersi trovati a lavorare in un Paese che, invece che supportarli, li condanna al fallimento.

Chiaramente, l’Italia non è più un luogo adatto per far crescere la propria attività, anche a fronte di quanto approfondito.

Per non parlare, poi, della gravosa situazione complessiva in cui l’Italia costringe a versare le sue aziende, alle prese con una tassazione pressante, una burocrazia infinita, una legislazione sclerotica e un’economia sempre sull’orlo del baratro.

Questo dimostra come l’Italia sia un Paese del tutto inadatto per condurre un business al successo o, tanto meno, ad accogliere nuovi imprenditori emergenti, che anzi, sarebbero decisamente a rischio.

Ecco perché un numero sempre maggiore di imprenditori, oppressi e stufi della disastrata situazione italiana, decidono di aprire una società a Dubai.

Aprire una società a Dubai: la salvezza per gli imprenditori italiani

Da sempre, infatti, gli Emirati Arabi Uniti si sono dimostrati un Paese ben predisposto a supportare ed avvantaggiare le iniziative economiche degli imprenditori.

Con la tassazione agevolata, la fiscalità ottimale, la burocrazia snella e l’economia in costante crescita, la stessa politica emiratina è tutta volta a sostenere le attività imprenditoriali nel Paese.

Grazie ad incentivi sostanziosi e ad aiuti concreti, gli EAU hanno saputo distinguersi rispetto a qualunque altro Paese del globo per i vantaggi offerti all’imprenditorialità.

Aprire una società a Dubai, poi, rispetto a tutti gli altri emirati, è il desiderio dei più avveduti operatori economici, che ne hanno colto le opportunità uniche.

Infatti, Dubai è considerato oggi il più grande hub finanziario internazionale del mondo, grazie ai benefici esclusivi che propone a tutti gli investitori, autoctoni e stranieri. Proprio per questo Dubai è la meta più gettonata per gli investimenti esteri, registrando di anno in anno, sempre più ambiziosi numeri, sempre in aumento.

Insomma, una situazione generale e, soprattutto, una politica di favore quella emiratina, che ben si discosta dalla crisi attraversata dall’Italia e dal peso fiscale che impone alle aziende.

Ecco perché, chi desidera aprire un’attività nel 2023 sceglie di trasferirsi a Dubai ed aprire la propria società nell’emirato, garantendosi un territorio fertile dove far fiorire tutti propri desideri di business.

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