Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, è da molti considerato un genio imprenditoriale. Nato nel 1954 ad Alba, figlio di un importante ex partigiano, ha trasformato aziende in oro grazie a una strategia che unisce visione globale, contatti politici e finanziari e un innegabile fiuto per il business. Questo articolo ripercorre la sua carriera, dalle origini alle recenti acquisizioni, passando per le sue fortune economiche e le polemiche legate al suo percorso.
Il patrimonio e le opportunità di Farinetti
Secondo fonti accreditate, Oscar Farinetti dispone di un patrimonio personale stimato tra i 50 e i 100 milioni di euro, un’enormità rispetto alla media degli imprenditori italiani.
A Bologna, ad esempio, gli sono stati concessi gratuitamente 1000 metri quadri per un valore di 60 milioni di euro, mentre a Torino ha ottenuto in regalo l’intero stabilimento di liquori Carpano.
In un Paese dove la burocrazia è un ostacolo per molti imprenditori, Farinetti ha saputo sfruttare contatti e opportunità, confermandosi un maestro nel trasformare ogni sfida in un’occasione di crescita.
Dalla Unieuro a Eataly: la strategia del successo
Oscar Farinetti ha iniziato la sua carriera trasformando la catena Unieuro, fondata dal padre, da piccolo business familiare a colosso nazionale, vendendola poi per oltre mezzo miliardo di euro.
Con questi capitali e una grande dote comunicativa, si è lanciato in Eataly, il format che ha portato i prodotti agroalimentari italiani in 52 città del mondo, da Tokyo a New York.
Grazie a un sapiente uso del marketing, delle relazioni con la politica e di fondi pubblici, Farinetti ha fatto di Eataly un brand internazionale, esportando il “Made in Italy” in mercati globali.
Le ombre dietro il successo
Dietro al sorriso di Farinetti si nascondono anche critiche e controversie.
La sua abilità nel trattare con cooperative, sindacati e fondi di investimento gli ha consentito di ricevere finanziamenti milionari e agevolazioni che molti piccoli imprenditori italiani possono solo sognare.
La vicenda di FICO a Bologna, ad esempio, è emblematica: un progetto faraonico da 180 milioni di euro, finanziato da banche e cooperative, che dopo pochi mesi è naufragato, lasciando sul campo solo briciole per le piccole imprese coinvolte.
Il business delle rivendite milionarie
Farinetti è un vero “cecchino” nell’individuare marchi storici, valorizzarli e rivenderli a cifre stratosferiche.
È successo con Lurisia, storica azienda di acque minerali, ceduta a Coca-Cola per 88 milioni di euro.
Nel 2022, ha venduto il 52% di Eataly al fondo Invest Industrial per 200 milioni di euro.
Una strategia di espansione e rivendita che gli ha consentito di uscire sempre vincente, anche dai progetti più rischiosi.
Nel frattempo, la maggior parte delle PMI italiane, prive di appoggi politici e finanziari, continua a lottare con burocrazia, banche e fidi revocati.
Un modello discutibile per il futuro dell’impresa
Oscar Farinetti è senza dubbio uno degli imprenditori più abili e controversi del panorama italiano.
La sua carriera dimostra che, in Italia, per emergere servono visione, contatti giusti e, a volte, sostegno delle istituzioni.
Ma questo modello solleva interrogativi sulla sostenibilità del nostro sistema imprenditoriale, troppo spesso incentrato sui grandi nomi e poco attento a sostenere le piccole imprese.
In un’Italia in crisi economica, la domanda è: quanti altri imprenditori potrebbero crescere se avessero le stesse opportunità di Oscar Farinetti?
Ad oggi, la risposta rimane oscura e molti imprenditori italiani si guardano attorno per capire come e verso dove muoversi.
Uno su tutti sembra il trend di riferimento: investire a Dubai, il Paese dove l’imprenditoria è supportata da una burocrazia snella e una fiscalità agevolata.