Sempre più imprenditori italiani guardano Dubai come destinazione ideale per espandere il proprio business, attratti da un contesto fiscale competitivo e da un’economia in forte crescita. Tuttavia, senza una corretta pianificazione, il rischio di esterovestizione resta elevato. In questa guida, analizziamo le normative 2025, i requisiti per la residenza fiscale e le strategie legali per evitare errori costosi.
Cos’è l’esterovestizione e perché riguarda chi vuole investire a Dubai
Il termine “esterovestizione” indica la pratica, ritenuta illegittima dal fisco italiano, di costituire una società all’estero che, di fatto, ha sede e gestione in Italia.
Questo fenomeno è spesso associato a tentativi di elusione fiscale e viene sanzionato in modo severo dall’Agenzia delle Entrate.
Chi decide di investire a Dubai attraverso una società locale rischia l’esterovestizione se non dimostra che la sede effettiva dell’attività è realmente situata negli Emirati.
Non è sufficiente avere una società registrata a Dubai: è necessaria una struttura operativa e decisionale autonoma, reale e documentabile.
Nel 2025, con il rafforzamento degli strumenti di controllo internazionale e lo scambio automatico di informazioni fiscali (CRS), il tema diventa ancora più centrale per chi desidera fare impresa all’estero in piena legalità.
Dubai nel 2025: fiscalità delle società e residenza fiscale
Il 2025 segna una fase di importante evoluzione per il sistema fiscale degli Emirati Arabi Uniti.
La nuova imposta sul reddito societario (corporate tax del 9%) si applica a molte realtà che operano sul territorio della Mainland degli Emirati Arabi Uniti.
Tuttavia, le società situate nelle Free Zone possono ancora beneficiare di esenzioni fiscali, a condizione che rispettino i criteri di “substance”, ovvero di sostanza economica.
Per evitare l’esterovestizione, è fondamentale comprendere come funziona la residenza fiscale a Dubai.
Le autorità emiratine la attribuiscono a chi:
– vive negli EAU per almeno 183 giorni all’anno;
– ha un domicilio permanente e interessi economici nel Paese;
– ottiene il Tax Residency Certificate (TRC).
Chi trasferisce a Dubai la propria residenza, e struttura operativamente la propria società secondo la normativa locale, può evitare conflitti con il fisco italiano.
I criteri dell’Agenzia delle Entrate per l’esterovestizione
L’Agenzia delle Entrate adotta criteri rigorosi per accertare se una società estera operi effettivamente all’estero oppure rappresenti un caso di esterovestizione, ossia una società formalmente costituita fuori dall’Italia, ma di fatto gestita dal territorio italiano.
Uno dei principali elementi di valutazione è la sede legale.
Il semplice fatto che una società sia registrata, ad esempio, a Dubai, non è sufficiente a determinarne la residenza fiscale estera.
L’attenzione dell’Agenzia delle Entrate si concentra, piuttosto, sulla sede dell’amministrazione e sul luogo di direzione effettiva, criteri determinanti per stabilire la residenza fiscale.
Se tali elementi si trovano in Italia, la società viene considerata fiscalmente residente nel territorio italiano.
Un secondo aspetto di rilievo riguarda la provenienza delle decisioni strategiche.
Se le scelte aziendali fondamentali vengono assunte da soggetti residenti in Italia, oppure se la direzione e il coordinamento dell’attività si svolgono dal territorio nazionale, il rischio di una qualificazione come società residente in Italia è molto elevato.
L’Agenzia delle Entrate verifica, inoltre, l’eventuale utilizzo di prestanome o amministratori fittizi.
Quando l’amministratore risulta formalmente residente negli Emirati Arabi Uniti, ma non esercita un’effettiva funzione decisionale, o non è stabilmente presente sul territorio, la struttura può essere considerata artificiosa.
Nel caso di una società con sede a Dubai, ma gestita in realtà da soggetti residenti in Italia e priva di una reale struttura operativa negli Emirati, come uffici, personale o attività documentabili, l’Agenzia delle Entrate può qualificarla come società fittizia.
Le conseguenze sono gravi: la tassazione integrale in Italia dei redditi societari e sanzioni significative per il mancato rispetto delle norme fiscali.
Come evitare l’esterovestizione con strutture legali corrette
Evitare l’esterovestizione significa costruire una struttura legale solida e conforme sia alla normativa italiana sia a quella degli Emirati Arabi Uniti.
Per farlo, è necessario garantire una presenza fisica negli EAU, con un ufficio operativo, dipendenti locali e un’infrastruttura amministrativa adeguata.
È fondamentale che la gestione effettiva dell’impresa avvenga realmente a Dubai.
Il management deve essere attivo sul territorio e prendere decisioni strategiche dagli Emirati, non dall’Italia.
Allo stesso modo, è importante che gli amministratori risiedano stabilmente negli Emirati Arabi Uniti e vi svolgano in modo continuativo l’attività di gestione, così da dimostrare che il centro decisionale della società è effettivamente localizzato all’estero.
Anche la contabilità deve essere tenuta in modo regolare e trasparente, garantendo la piena tracciabilità delle operazioni aziendali.
Ogni attività deve poter essere dimostrata in caso di controlli fiscali.
Inoltre, è altamente consigliabile ottenere il certificato di residenza fiscale emiratino, che attesta formalmente il legame dell’imprenditore o della società con il territorio degli Emirati.
Questo documento richiede la prova della permanenza nel Paese, l’effettivo svolgimento di un’attività economica e un interesse economico duraturo negli EAU.
Strategie concrete per imprenditori italiani
Per chi desidera investire a Dubai, evitando sanzioni e contestazioni da parte del fisco italiano, è essenziale adottare una pianificazione fiscale internazionale solida e coerente con la normativa vigente.
Esistono diverse soluzioni strategiche, da valutare con attenzione in base alla propria situazione:
– trasferire a Dubai anche la residenza personale, in modo da non risultare più fiscalmente residente in Italia. Questo rafforza la coerenza tra la posizione dell’imprenditore e quella della società;
– utilizzare le Free Zone, che offrono vantaggi fiscali, ma solo se si rispettano i criteri di sostanza economica, ovvero l’effettiva presenza operativa negli Emirati;
– valutare la costituzione di una holding estera, da integrare con i trattati contro la doppia imposizione, così da ottimizzare la fiscalità in maniera conforme e trasparente;
Queste soluzioni, se applicate correttamente, consentono di tutelare l’imprenditore e la sua attività da rischi legali e fiscali, assicurando una gestione sicura e in linea con le normative italiane e degli Emirati Arabi Uniti.
Consulenza professionale per investire a Dubai in sicurezza
Navigare tra la normativa italiana e quella emiratina non è semplice.
Per questo è fondamentale affidarsi a consulenti esperti in fiscalità internazionale, in grado di interpretare correttamente sia le leggi italiane sia quelle in vigore negli Emirati Arabi Uniti.
Affiancarsi a professionisti competenti consente di investire a Dubai in modo sicuro, trasparente e pienamente conforme alla normativa.
Dalla scelta della società a Dubai più adatta al proprio modello di business, alla redazione dei contratti, fino alla corretta impostazione della residenza fiscale, ogni fase deve essere curata nei minimi dettagli per garantire tutela e solidità all’imprenditore.
FAQ
L’esterovestizione si verifica quando una società, pur registrata all’estero, viene considerata fiscalmente residente in Italia a causa della sua gestione effettiva dal territorio italiano. Questo accade, ad esempio, se le decisioni strategiche vengono prese in Italia o se gli amministratori sono residenti italiani.
In caso di accertamento, l’Agenzia delle Entrate può imporre la tassazione integrale dei redditi in Italia, con sanzioni pesanti e obbligo di regolarizzare il passato.
No, la sola apertura di una società a Dubai non basta per escludere la residenza fiscale italiana.
Bisogna dimostrare la reale operatività negli Emirati Arabi Uniti, attraverso una sede fisica, gestione locale e documentazione che attesti la sostanza economica.
Senza questi requisiti, il rischio di essere considerati fiscalmente residenti in Italia resta elevato.
Per dimostrare la residenza fiscale a Dubai, è necessario ottenere il Tax Residency Certificate, che richiede la presenza effettiva per almeno 183 giorni all’anno negli EAU.
Inoltre, bisogna avere un domicilio stabile, legami economici nel territorio e documentazione che attesti la permanenza, come contratti di affitto, bollette e conti correnti locali.
La coerenza tra residenza personale e attività aziendale è fondamentale per evitare contestazioni.
Le società registrate nelle Free Zone possono beneficiare dell’esenzione fiscale solo se rispettano determinati criteri previsti dalla normativa emiratina in materia di sostanza economica.
Dal 2025, molte di queste zone mantengono l’esenzione solo per attività specifiche e compatibili con il regime agevolato.
In caso contrario, si applica la corporate tax del 9%, come previsto per le società in Mainland.
Una società in Free Zone può essere posseduta al 100% da investitori stranieri, gode di agevolazioni fiscali e può operare liberamente all’interno della zona di registrazione o con l’estero.
Una società in Mainland consente invece di operare su tutto il territorio degli Emirati, anche con enti governativi e privati locali, ma è soggetta a tassazione e regolamentazioni più stringenti.
La scelta dipende dal tipo di attività, dal target di mercato e dagli obiettivi fiscali dell’imprenditore.
Per dimostrare la corretta residenza fiscale e l’assenza di esterovestizione, è necessario disporre di documenti solidi e coerenti, come il certificato di residenza fiscale, contratti di affitto, licenza commerciale, bollette, buste paga di dipendenti e contratti di collaborazione. È fondamentale che le attività aziendali siano tracciabili, continuative e supportate da evidenze concrete.
Tutta la documentazione deve essere pronta in caso di controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Non è obbligatorio, ma è altamente consigliato per ridurre drasticamente il rischio di contestazioni.
Se l’imprenditore mantiene la residenza fiscale in Italia ma la società è registrata a Dubai, si può generare un conflitto tra le due giurisdizioni fiscali.
Trasferire la propria residenza negli Emirati, dimostrando una reale presenza nel Paese, rafforza la posizione fiscale dell’intero progetto imprenditoriale.
La scelta tra Free Zone, Mainland o holding estera dipende da diversi fattori, tra cui il tipo di attività, la destinazione dei clienti, il regime fiscale applicabile e le esigenze di compliance. Una consulenza personalizzata permette di analizzare la situazione specifica e adottare la soluzione più efficiente, in linea con le normative italiane e internazionali.
Strutturare correttamente la propria impresa fin dall’inizio è essenziale per evitare rischi legali e ottimizzare la gestione fiscale.




