L’Europa va bene, l’Europa va male. Non si sa più a chi credere. C’è chi dice che l’anno che si sta per chiudere sia stato un successo, chi, invece, una catastrofe. Allora, bando alle ciance e parola ai numeri. Beh, i dati parlano chiaro e la situazione è di crisi nera. Tutta Europa è caduta in un vortice di stagnazione economica, di chiusure e di licenziamenti. Altroché crescita diffusa: nei Paesi dell’Unione è aumentata solo la disperazione.
Situazione di Crisi Europea: l’Industria dell’Automotive Crolla
Come non iniziare a raccontare la crisi dell’Unione, se non menzionando la drammatica situazione di una delle case automobilistiche più solide al mondo?
Eh già, Volkswagen ha annunciato l’intenzione di chiudere almeno tre dei suoi stabilimenti in Germania, con conseguenti tagli occupazionali di decine di migliaia di posti di lavoro.
Daniela Cavallo, leader del consiglio di fabbrica, ha informato i dipendenti di questo piano che includerebbe ridimensionamenti in tutti i siti produttivi tedeschi, con particolare rischio per lo stabilimento di Osnabruck, già colpito dalla perdita di una commessa da Porsche.
La casa automobilistica, con circa 120.000 dipendenti in Germania, aveva già messo fine, a settembre, a un accordo di sicurezza del lavoro che proteggeva i dipendenti dai licenziamenti, aprendo ora alla possibilità di tagli a partire dal 2025.
Le autorità governative, con il cancelliere Olaf Scholz, hanno esortato Volkswagen a salvaguardare i posti di lavoro, ma i dirigenti dell’azienda sostengono che i costi in Germania siano diventati insostenibili, risultando dal 25% al 50% superiori rispetto alle previsioni.
Thomas Schafer, amministratore delegato di Volkswagen, ha dichiarato che l’azienda non può più permettersi un livello così alto di spesa se intende mantenere la competitività e finanziare investimenti futuri.
La questione ha suscitato indignazione tra i rappresentanti sindacali, in particolare l’Ig Metall, che ha definito il piano una “pugnalata al cuore dei lavoratori” e ha criticato la dirigenza per aver interrotto un accordo trentennale di tutela lavorativa.
Le trattative si profilano tese, con richieste sindacali di aumento salariale e la netta opposizione di Volkswagen, che prevede, al contrario, di operare tagli per risollevare la redditività al 6,5% entro il 2026.
Ma non è finita qui.
Audi Bruxelles, che fa parte del gruppo Volkswagen, ha confermato la chiusura entro il febbraio 2025 a causa della bassa domanda di auto elettriche e del crollo delle esportazioni.
La decisione, arrivata dopo una serie di proteste sindacali e tentativi di negoziazione, coinvolgerà circa 3.000 dipendenti, con discussioni in corso per un possibile piano sociale di supporto.
Le cause del problema sono attribuibili sia alle difficoltà del mercato dei veicoli elettrici sia alle carenze strutturali dello stabilimento.
Sebbene Volkswagen abbia tentato di trovare nuovi investitori per l’impianto, finora non ci sono risultati concreti, sebbene si prospetti un interesse vago da parte di un’azienda attiva nel settore dei camion e autobus.
Intanto, l’amministratore delegato di Volkswagen, Thomas Schaeffer, ha commentato che la produzione di veicoli elettrici non è sostenibile nelle attuali condizioni di mercato, segnalando la necessità di misure drastiche per migliorare la produttività.
Anche l’Italia vive una fase di tensione nel settore, con tagli al Fondo automotive e proteste da parte di ANFIA (Associazione delle imprese della filiera automotive) che evidenzia la difficoltà di una rapida riconversione del settore, fondamentale per il Made in Italy e per la manodopera.
Il ministro Adolfo Urso ha rassicurato che le risorse verranno destinate a investimenti produttivi, ma le preoccupazioni persistono, considerando che la transizione ecologica richiede una trasformazione radicale che tocca tutta l’Europa.
Dazi per l’Esportazione di Auto Elettriche alla Cina: le Conseguenze
La situazione, tuttavia, pare essere aggravata dalle scelte delle autorità centrali europee, che sembrano ostacolare ancor più la ripresa.
Infatti, di tutta risposta ad una crisi del settore auto senza precedenti, l’Europa cosa fa? Vuole aumentare i dazi alla Cina relativamente all’esportazione delle auto elettriche cinesi.
Sarà veramente una cosa giusta da fare?
Pechino ha espresso la sua ferma opposizione ai nuovi dazi imposti dall’Unione Europea sulle auto elettriche prodotte in Cina, introdotti a seguito delle indagini sulle presunte sovvenzioni cinesi che, secondo l’UE, danneggiano l’industria automobilistica europea.
Un portavoce del ministero del Commercio cinese ha dichiarato che il Paese ha presentato un reclamo presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) e adotterà tutte le misure necessarie per tutelare i diritti e gli interessi delle proprie aziende.
Pechino ha, comunque, notato che l’UE intende continuare il dialogo con la Cina per trovare un’intesa sui prezzi.
Guardando alla storia dei dazi imposti contro la Cina nel 2018-2019, l’impatto sull’economia cinese fu rilevante, con una contrazione del PIL e delle esportazioni, ma si osservò anche un aumento del rischio sui debiti sovrani europei.
L’imposizione di dazi alla Cina potrebbe, quindi, spingere Pechino a rispondere con contromisure simili, mettendo a rischio il modello economico di esportazione su cui fanno leva paesi come Italia e Germania.
L’Italia crolla sotto il peso della Crisi Europea
Cosa sta succedendo alla nostra Unione?
E quali conseguenze sta subendo il nostro Bel Paese?
Stiamo lasciando mano a mano per strada del benessere, il benessere che in Italia c’è sempre stato.
E con esso, la qualità di vita.
Stiamo facendo sacrifici e la qualità di vita delle nostre famiglie, dei nostri figli, del nostro futuro dei nostri dipendenti è calato notevolmente il potere d’acquisto.
I salari sono invariati da almeno 20 anni, ma tutto costa molto di più.
La spesa, l’energia, il potere d’acquisto è calato tantissimo a fronte di stipendi che sono del tutto balcanizzati rispetto al costo della vita in Italia che è di tipo nordico.
Nel mese di giugno 2024, le vendite al dettaglio in Italia hanno registrato un calo sia in valore che in volume, con una riduzione congiunturale dello 0,2%.
Questo trend negativo si estende anche su base tendenziale, con un calo dell’1% in valore e dell’1,8% in volume rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.
Questo rallentamento dei consumi sta suscitando preoccupazione tra le associazioni di categoria, come Confcommercio e Confesercenti, che interpretano questi dati come segnali di una fragile fase congiunturale.
Nonostante alcuni progressi in termini di occupazione e inflazione contenuta, il miglioramento del potere d’acquisto delle famiglie non si riflette in un aumento dei consumi, che continuano a essere deboli.
In particolare, settori come l’abbigliamento, l’alimentazione e i beni non alimentari stanno registrando risultati negativi.
Confesercenti evidenzia come la spesa delle famiglie sia aumentata in modo marginale, con il risparmio che sta tornando a crescere, suggerendo un’influenza delle incertezze economiche e politiche globali sul comportamento dei consumatori.
Inoltre, l’Unione Nazionale Consumatori sottolinea il calo delle spese alimentari e non alimentari, con una riduzione complessiva della spesa di 430 euro per una famiglia media, suggerendo che gli italiani stanno affrontando un periodo di “cura dimagrante forzata”.
In questo contesto di difficoltà economica, le preoccupazioni per la stagnazione dei consumi si intensificano, con la speranza che una possibile modifica delle politiche fiscali e monetarie possa stimolare la domanda interna, attualmente paralizzata dalla congiuntura incerta.
Dall’indagine “Gli italiani e il risparmio: 1924-2024” condotta da Acri e Ipsos in occasione del centenario della Giornata del Risparmio, emerge che, sebbene il 46% delle famiglie italiane riesca a risparmiare, il 63% degli italiani preferisce non investire, optando per la liquidità.
Inoltre, il 49% delle persone intervistate ritiene di vivere meglio grazie al calo dell’inflazione, ma il 17% delle famiglie, corrispondente a 5,7 milioni di persone, affronta gravi difficoltà economiche.
Inoltre, un terzo degli italiani percepisce una minore capacità di risparmio rispetto alle generazioni precedenti, a causa:
- dell’aumento del costo della vita (70%);
- delle attuali condizioni lavorative (60%);
- di mutamenti nello stile di vita (60%).
Trasferirsi a Dubai: dove l’Economia Cresce
La situazione economica italiana si presenta drammatica e le prospettive future non sono rassicuranti.
L’assenza di una crescita sostenibile, unita alla stagnazione dei consumi e alla crescente incertezza, porterà inevitabilmente a una serie di conseguenze negative che rischiano di compromettere il benessere collettivo del paese.
La lenta decadenza del benessere sarà una realtà sempre più tangibile, con un progressivo abbassamento del potere d’acquisto delle famiglie e una conseguente diminuzione della qualità della vita.
Questa crisi, inoltre, si rifletterà negativamente anche sul livello culturale del Paese: i nostri figli rischiano di essere meno preparati della generazione precedente, con un futuro caratterizzato da minori opportunità di crescita intellettuale e professionale.
La classe dirigente, incapace di affrontare efficacemente le sfide del presente, vedrà una diminuzione della propria capacità di guidare il Paese verso un futuro prospero.
A ciò si aggiungerà una progressiva riduzione degli investimenti in settori cruciali come la cultura, le infrastrutture e l’ordine pubblico, fondamentali per la crescita e la sicurezza del Paese.
Se non saranno adottate misure tempestive ed efficaci, l’Italia rischia di entrare in un circolo vizioso di declino che avrà ripercussioni su tutte le sfere della società.
Di fronte alla crescente crisi economica in Italia e in Europa, è del tutto comprensibile che molti giovani cerchino opportunità all’estero.
I più avveduti giovani decidono di Trasferirsi a Dubai, una città che offre un’economia in forte crescita, un mercato dinamico e un governo che supporta attivamente l’imprenditoria.
La posizione strategica di Dubai, situata tra Oriente e Occidente, consente di accedere a un vasto bacino di opportunità internazionali, portando così al successo chi decide di investire.
Inoltre, la fiscalità agevolata rende Dubai un ambiente favorevole per chi vuole far crescere e prosperare il proprio business, offrendo le condizioni ideali per affrontare il futuro con maggiore sicurezza e prosperità.